Zorro- sentenza della Corte di Cassazione n. 38165 dell’11 ottobre 2022

Il personaggio di “Zorro” è attualmente al centro di un complesso contenzioso, non ancora del tutto concluso, a causa della sua utilizzazione in uno spot pubblicitario, ritenuta plagiaria dagli aventi diritto. L’ultimo round (finora) della disputa si è tenuto in Cassazione e si è concluso con una decisione (sentenza n. 38165 dell’11 ottobre 2022) che ha disposto un (ulteriore) rinvio alla Corte d’Appello di Roma.
La richiamata decisione tocca vari profili di interesse – anche inerenti il diritto dei marchi d’impresa e di concorrenza sleale – ma, per quanto qui rileva, si segnala da un lato per la conferma della decisione dei giudici di merito che hanno accordato tutela ai sensi della LdA, al personaggio dello spadaccino mascherato nato nel 1919 dalla penna di Johnston McCulley (caratterizzato da maschera, mantello, cappello e cavallo neri, dall’abilità nell’uso della spada e della frusta, nonché dallo stratagemma che lo vede apparire in pubblico sotto le mentite spoglie dell’inetto damerino Don Diego de la Vega), pur se ispirato a una persona realmente esistita ed oggetto di autonoma narrazione letteraria e, da altro lato, per un’approfondita disamina sulla parodia, ricondotta dai Giudici della Suprema Corte a una forma di utilizzazione “libera” ex art. 70 LdA., cassando così l’approdo – per la verità piuttosto singolare – della Corte d’Appello di Roma che aveva invece ritenuto la parodia riconducibile a un’ipotesi di elaborazione creativa dell’opera parodiata ex artt. 4 e 18 LdA, anche alla luce del mancato recepimento, in Italia, dell’art. 5, comma 3, Direttiva 2011/29/CE che dava agli Stati membri facoltà di prevedere, nei rispettivi ordinamenti interni, un regime di eccezioni al diritto esclusivo dell’autore di riprodurre e comunicare al pubblico l’opera tutelata basato su un utilizzo a scopo di caricatura, parodia o pastiche.

Al riguardo la Cassazione ha enunciato i seguenti principi di diritto:
in tema di diritto d’autore, la parodia costituisce un atto umoristico o canzonatorio che si caratterizza per evocare un’opera, o anche un personaggio di fantasia e non richiede un proprio carattere originale, diverso dalla presenza di percettibili differenze rispetto all’opera o al personaggio che sono parodiati”;
in tema di diritto d’autore, la parodia deve rispettare un giusto equilibrio tra i diritti del soggetto che abbia titolo allo sfruttamento dell’opera, o del personaggio, e la libertà di espressione dell’autore della parodia stessa; in tal senso, la ripresa dei contenuti protetti può giustificarsi nei limiti connaturati al fine parodistico e sempre che la parodia non rechi pregiudizio agli interessi del titolare dell’opera o del personaggio originali, come accade quando entri in concorrenza con l’utilizzazione economica degli stessi”.

Proprio sulla sussistenza (o meno) di una lecita forma di parodia nel caso in esame dovrà pronunciarsi, tra l’altro, la Corte d’Appello di Roma incaricata del riesame.

 

L’uomo senza nome- Tribunale Roma 16 aprile 2021 n. 6504, Corte d’Appello di Roma 31 agosto 2022 n. 5432

Minor fortuna ha avuto invece “l’uomo senza nome”, iconico pistolero protagonista degli arcinoti film della “trilogia del dollaro” .
Nel caso di specie, in una scena di un film di animazione compariva un personaggio dalle fattezze chiaramente sovrapponibili a quelle del protagonista dei film di Sergio Leone, dal che la richiesta di accertamento di plagio, rigettata in entrambi i gradi del giudizio di merito, nei quali i giudici si sono soffermati anche su aspetti riconducibili alla libera utilizzazione ex art. 70 LdA, quali la citazione e la parodia, nonché sulle “nuove istanze” riconducibili all’istituto del c.d. “fair use” di matrice angolosassone.

Secondo i giudici di merito capitolini (Tribunale Roma 16 aprile 2021 n. 6504, Corte d’Appello di Roma 31 agosto 2022 n. 5432), si tratterebbe, infatti, di un personaggio non proteggibile ai sensi della LdA.
A nulla vale, secondo i Giudici, la sua caratterizzazione estetica (il poncho alla messicana, il cappello a larghe tese, il sigaro perennemente in bocca, la barba trasandata, gli occhi serrati, la postura lievemente incurvata, …) né il “profilo psicologico” (eroe ma al contempo anti-eroe, doppiogiochista, privo di scrupoli, …) poiché tale personaggio sarebbe, in definitiva, indistinguibile dall’attore che lo interpreta, tanto che il riferimento a “l’uomo senza nome” nel film contestato sarebbe da intendere più come un omaggio al famoso attore che lo interpreta (Clint Eastwood) che al personaggio da lui interpretato. Mancherebbe quindi la caratteristica essenziale della novità ed originalità, necessaria affinché il personaggio di fantasia di un’opera dell’ingegno possa rivendicare una protezione autonoma rispetto all’opera in cui appare, considerato anche, hanno rilevato i Giudici romani, che dopo i film della “trilogia del dollaro” – nei quali è stato interpretato sempre dallo stesso attore – “l’uomo senza nome” è sostanzialmente scomparso dalle scene.
Non resta che aspettare – se mai vi sarà – lo showdown finale in Cassazione dove “l’uomo senza nome” risorgerà dall’oblio per ribaltare le avverse fortune in un memorabile duello finale (con musiche di Ennio Morricone, s’intende).

Avv. Giovanni Di Benedetto

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